Un artista dà quel che si porta dentro. Ma è pur necessario che giunga la scossa di un motivo esteriore a destare la pienezza del suo atto creativo; come l'urto improvviso di una brezza che s'alzi ed empia, spingendo, la vela della sensibilità artistica.

Pittori schivi o appartati, in genere mal conosciuti; i quali, sapendo fin troppo bene il rischio del vedutismo banale, hanno saputo ricreare la bellezza vera delle sue acque e dei suoi cieli immensi e frastagliati, delle sue lontananze a quando a quando vaporanti e incombenti, dei suoi golfi e paesi voluttuosi e fioriti. Motivi e figure del Lago di Garda non sono mai mancati nel repertorio iconografico della tradizione artistica mantovana del nostro secolo: in Zerbinati (lo stretto collaboratore della rivista veronese «La Via Lattea», fondata da Casorati), Bresciani da Gazoldo, Zanfrognini, Facciotto, Perina, Dal Prato, Marini, Nene Nodari, Guindani.


Guindani e la sua pittura sono legati a Malcesine da fibre profonde. Non è eccesivo dire che il Lago di Garda ha plasmato parte della sua vita e della sua formazione artistica. II pittore mantovano ha fatto di Malcesine e del Lago di Garda quel che un Birolli ha fatto di Manarola e delle Cinque Terre: il luogo assoluto, previlegiato, dell'ispirazione felicemente e totalmente riversata nella visione e nella riflessione del paesaggio naturale. Vero e consolidato maestro nella pittura di ritratto e d'interni (sin dagli anni Dieci, quando riceve l'elogio beneaugurante di Boccioni), dopo Malcesine Guindani diventa paesaggista mirabile a tutti gli effetti.

Qui, ove anche Goethe aveva indugiato in estasi, assimilando scorci e atmosfere del Garda nei suoi disegni folgoranti e meticolosi allo stesso tempo, Guindani sapeva cogliere la soavità piena di questa luce veneta, tra le rive sinuose e animate da riverberi ora squillanti, ora velati. Nei suoi dipinti del periodo di Malcesine, le immagini del lago respirano di sè stesse, come bianchi lini nella calura; sciorinate nella fragranza amorosa di una pittura sempre più intrisa d'infinite modulazioni del campo cromatico che si accende d'impennate verdi, blu, bianche, rosa, gialle; a prova di un'immaginazione calda e moderna; nata sotto il segno della solarità di un Ingres e delle larghe stesure cromatiche di Gauguin; memore della scintillante e festosa «naturalità» di Armando Spadini e di quei brani pittorici di spontaneità quasi fisica creati dal suo vecchio insegnante di Brera, Cesare Tallone: maestro nell'orchestrare lo squillo d'un bianco o d'un rosso che empie di vibrati riflessi un verde, un bruno, un blu che si trovino accanto. Nella stretta e operosa alleanza tra spontaneità e riflessione, Guindani viveva Malcesine e i suoi scenari naturali con un sentimento esultante e rapito dalla bellezza delle cose che vedeva intorno. Senza mai indulgere al confuso trasformismo stilistico dei vari classicismi, arcaismi e avanguardismi di quei tempi, Guindani è stato un limpido, strenuo esempio di pittore coerente alle proprie ragioni interiori (come un Morandi, un Licini, un De Pisis). I dipinti gardesani lo testimoniano ampiamente, in modo commovente; schiusi come fiori tuffati in una specie di mimesi della luce che si profonde in macchie cromatiche risplendenti, illimitate, portatrici di un lirismo vivido, espanso, primaverile; talora sfiorato da crepuscolari delicatezze, tal' altra da chiarori a non finire, d'alto meriggio, che percuotono l'anima di un senso di gratitudine alla vita.


A Malcesine Guindani trova nuovi spazi di libertà creativa; stempera gli aspetti più compassati e levigati del suo tradizionale, nobile lavoro d' atelier; si dispone a inediti e corroboranti equilibri pittorici tra valori luministici e strutture compositive del quadro.

Senza mai sperdere la forbitezza plastica, la visione si dipana fino all'iridescenza pura, che dilata i confini dello spettro visibile, quasi sfuggendo alla «legge della cornice».


"Gian Maria Erbesato"
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